Carcere San Matteo Intorno agli anni venti dell’Ottocento gli austriaci adibirono a casa d’arresto per circa 250 detenuti l’ex-convento di San Matteo (addossato alla chiesa omonima), poco distante da Piazza Garibaldi. Vi venivano incarcerati, in particolare dopo i fermenti rivoluzionari del 1848-1849 e la parentesi del Comitato Provvisorio Dipartimentale (25 marzo - 13 giugno 1848), coloro che si erano resi colpevoli di reati politici: patrioti, studenti, semplici cittadini e perfino sacerdoti, tacciati come “agitatori, nemici del Governo, fanatici dell’indipendenza italiana, sovversivi, repubblicani rossi”. Tra i reclusi più noti l’abate Domenico Barbaran, Carlo Cerato, Alfonso Turri, Domenico Sartori e Pietro Sinigaglia, tutti arrestati al Caffé Gaggian in Prato della Valle, nella notte tra il 26 e il 27 dicembre 1849, con l’accusa di riunione segreta. Fra queste persone, quelle ritenute meno “esaltate” furono condannate da quattro a otto settimane di carcere duro e al pagamento di una forte multa; mentre per i patrioti sopracitati, giudicati molto pericolosi, insieme ad altri già imprigionati (Paolo Da Zara, il capopopolo Giovanni Zoia, Pietro Bissacco e Antonio Bonato), furono decise misure straordinarie come l’esilio dal Lombardo-Veneto o l’arruolamento forzato. In molti pertanto decisero di
Michele Pieloni |
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